Dicono di lei
Leonardo Terenzi

Nelle opere di Gianna Mora si nota subito la gioia di lavorare con molti colori, dosati con perizia ma guidati da un istinto primordiale.
Di formazione accademica, Gianna Mora, ha ricercato negli anni l’essenza coloristica della luce, tra forme appena accennate, segni all’apparenza emotivi e contrasti di profondità, una ricerca che l’ha portata ad una fase quasi primordiale dell’espressione visiva, ad una rappresentazione spirituale delle immagini che vivono dentro di lei e che prendono vita nella tela.

La sua pittura rende possibile la materializzazione dei “ricordi”.

Una delle caratteristiche più evidenti della pittura di Gianna Mora è l’uso del “graffio”, usato dall’uomo preistorico per disegnare nelle pareti di pietra le strategie di caccia, rituali religiosi, animali da venerare, ma mentre nella roccia i segni sono incisi, nei suoi quadri i graffi sembrano uscire dal retro della tela, come se fossero una rivelazione di quello che c’è oltre l’animo umano.
Una produzione pittorica coerente e costante e una attività artistica molto fiorente che va anche oltre i confini italiani, colloca Gianna Mora nel contesto culturale attuale come una pittrice della modernità ma anche come ricercatrice di sentimenti ed emozioni.

prof. LEONARDO TERENZI

www.leonardoterenzi.it
Giovanna Berretta

La Pittrice Gianna Mora colta ed originale, superato il linguaggio figurativo accademico, affascinata dalla vitalità della Natura, affida il suo messaggio estetico alla forza e sintesi del colore steso con tratto arioso, leggero e deciso in equilibrato rapporto di spazio e volume come in prospettiva aerea.

Avvalendosi di luminosi contrasti, perviene ad un dialogo osmotico con la bellezza arcana del Creato, dimostrando così di aver elaborato modernamente la pittura di fine ‘800. Le atmosfere paesaggistiche modulate di luci – ombre sospese o incombenti (Tuffo nell’Universo, 2003) rendono gli elementi acqua, sole, vento, protagonisti di un iter psicologico. Un attento osservatore delle sue opere vive la sensazione di inabissarsi in un silenzio contemplativo (Il Cielo, 2000) del cosmo.

Per Gianna Mora la tela diventa evento, luogo di emozioni improvvise, calibrate, tavolozza ricca d’infuocati bagliori in nitide architetture compositive.

Artista affine alla poetica del Romanticismo nordico, W. Turner e C. Friedrich, ne raccoglie l’eredità simboleggiata dall’attenta descrizione di un Sublime visionario (Alla ricerca del suo volto, 2003). Una creatività solare, solcata da echi e ritmi ancestrali immette questo giovane talento in un percorso di ricerca stilistica venato da istanze dialettiche con l’Espressionismo astratto.
Quest’Artista esprime il tutto con una materia cromatica densa, fluida, vibrante, accesa (Paesaggio, 1997), con vortici (Turbamenti, 2000), gocciolature, graffiti guizzanti di giallo – arancione (Veduta, 2012), campi di colore, assonanze e non, solitudine (Tra cielo e terra, 1997), adottando un gesto pittorico immediato o casualmente controllato da action painting.

Per Gianna Mora la tela diventa evento, luogo di emozioni improvvise, calibrate, tavolozza ricca d’infuocati bagliori in nitide architetture compositive (Eclissi, 2012). Leit motiv ne è la delicata tensione spirituale in una live action astratta e musicale.

GIOVANNA BERRETTA

Critico d’Arte
Franco Speroni

L’artista affronta il paesaggio partendo non dalla sua immagine ma dalla materia della pittura, vale a dire il pigmento. Non si propone pertanto di descrivere o raccontare, di ordinare i dati della visione secondo i criteri tradizionali della veduta, ma di determinare emotivamente uno spazio che richiede di essere non solo guardato ma sentito, partecipato, esperito.

L’artista ci fa vivere una situazione in sviluppo determinando l’acquisizione di una nuova sensibilità spaziale.

In Meditazione le pennellate larghe e distese, da virtuosa del cavalletto, striate di riverberi e vaporose di trasparenze accampano l’intera superficie sconfinando idealmente i limiti imposti dal perimetro del formato. Cielo e mare si confondono senza orizzonte né inquadratura, annullando ogni residuo aggancio con uno spazio storico – la pittura del cinque/seicento, il paesaggio “sublime” – per darsi come possibilità di altri spazi, di spazi a non finire.

La finestra albertiana viene così ribaltata in una schermatura di superficie attraente e esposta che ci fa vivere una situazione in sviluppo determinando l’acquisizione di una nuova sensibilità spaziale.

prof. FRANCO SPERONI

Accademia di Belle Arti di Firenze
Massimo Papetti

La luce che filtra tra le ramaglie sul limitare di un bosco, i riverberi delle nubi, la quiete di una via di campagna, il verde degli alberi, il livore delle albe ed il rosso dei tramonti, la suggestività, insomma, del paesaggio marchigiano costituisce da tempo il soggetto principale della pittura di Gianna Mora. Vi si è dedicata con assiduità sin dagli anni della formazione, compiuta a Macerata presso l’Accademia di Belle Arti dove, meditando intorno ai significati nascosti suggeriti dalla natura, ha avviato una ricerca che con questa mostra approda ad un importante traguardo. Le tele esposte, quasi tutte realizzate con tecnica mista, esibiscono scorci e dettagli di paesaggio pressoché irriconoscibili come tali ma divenuti frammenti di una realtà trasfigurata, emblemi quasi astratti di una inquietudine spirituale.

Ansia ma non angoscia quella di Gianna Mora, aperta alla speranza di un rinnovamento.

Se nella Via Sant’Agostino del 1998 l’evidenza del reale è ancora percepibile, quantunque filtrata dalla scelta di pochi essenziali colori nei toni del grigio e del verde e di inquadrature parziali che richiamano le atmosfere solitarie di molti artisti del Novecento, nelle opere successive la dissoluzione della forma si fa sempre più ardita, assecondando le intenzioni simboliche dell’artista. Ne sono chiaro esempio i richiami ad una religiosità profonda che emergono ne Il filo (1997), dove si tenta un ideale ricongiungimento fa Cielo e Terra attraverso la fusione dei colori e dei segni; come pure lo attesta la pennellata vorticosa che connota Turbamenti (2001) in cui nubi nere, azzurre e violacee offrono materia per una trasposizione in chiave cromatica dell’ansia dei nostri tempi.

Ansia ma non angoscia quella di Gianna Mora, aperta alla speranza di un rinnovamento. Già in Sogno del 1996 la foresta oscura che s’impone allo spettatore con effetto scenografico, delimitando il campo avanti ad uno slargo inondato dalla luce, sembra consentire idealmente la possibilità di uscita, divenendo quasi rifugio piuttosto che luogo d’insidie; e, benché non prive di sospensioni misteriose, anche le atmosfere di Meditazione (1999) e di Alla ricerca del suo volto (2003) paiono assicurare una condizione di quiete futura.
Il debito nei confronti dei grandi romantici inglesi – specie Turner e Constable – è evidente in questo rapporto emozionale che l’artista intrattiene con i paesaggi a lei più familiari. Esso si ravvisa peraltro in alcuni esiti della tecnica che impiega ora impasti corposi, ora tocchi colore liquido per evocare, attraverso bagliori e trasparenze, atmosfere cariche di attesa.

MASSIMO PAPETTI

STORICO DELL’ARTE
Monia Malinpensa

Il ritmo della pittura dell’artista Gianna Mora si inserisce in un filone ampio e prorompente di forza nativa e di un’estetica di grande richiamo che si esprime attraverso un’atmosfera fantastica e si sviluppa con un trionfo di valori e innovazioni.

L’intelaiatura compositiva e la resa stilistica traducono l’operare dell’artista Gianna Mora in una sintesi emotiva di vero estro, esattamente comprensibile dallo spettatore. Ella mostra forza nel segno e passione interpretativa per una personalissima immaginazione del colore e visione moderna, l’inesauribile ricerca alimenta un fascino suggestivo contenutisticamente ed esteticamente stimolante.

L’artista mostra forza nel segno e passione interpretativa per una personalissima immaginazione del colore e visione moderna.

La grafia netta, sicura, senza ripensamenti, la vibrata distesa del colore e l’effetto della tecnica distinguono l’opera della Gianna Mora per un iter che non lascia niente al caso. Materia e forma si ricompongono nella tela in un linguaggio sensibile, dove la fantasia e la realtà intercorrono in un raffinato connubio per unificare un lavoro pittorico di evidente temperamento e valida costruzione figurativa, donando all’opera una pittura di stato emozionale che sa penetrare nel profondo dell’animo.

MONIA MALINPENSA

Gallerista